Poliziotto-Sessantotto by Luigi Manconi Gaetano Lettieri

Poliziotto-Sessantotto by Luigi Manconi Gaetano Lettieri

autore:Luigi Manconi, Gaetano Lettieri
La lingua: ita
Format: epub
editore: Il Saggiatore
pubblicato: 2023-06-22T00:00:00+00:00


Un martire del Sessantotto: il San Paolo di Pasolini

La sceneggiatura di un film mai realizzato su san Paolo, redatta tra il 22 maggio e il 9 giugno 1968 subito dopo l’omicidio di Martin Luther King (4 aprile) e in coincidenza con quello di Robert Kennedy (6 giugno), quindi rivista nel 1974, è in strettissima connessione temporale e ideale con Il Pci ai giovani!!, confermando come il segreto di questa poesia, l’atopico punto eversivo che la muove e la fa cadere in contraddizione sia «messianico». In effetti l’autobiografico «corvo francescano»23 che maledice e inquieta l’ebbrezza dei giovani in rivolta a Valle Giulia rivive nell’apostolo di Cristo, che la sceneggiatura trasporta nella contemporaneità occidentale, ove New York sostituisce la Roma imperiale quale nuovo caput mundi. Se Paolo è apertamente indicato come decisivo soggetto storico rivoluzionario,24 il suo richiamarlo in causa nel sistema omologante del capitalismo imperante pare indicare un punto di crisi e di sfiducia nei confronti di qualsiasi ideologia politica, compresa quella marxista; o, meglio, risalire alla sua millenaria scaturigine rivoluzionaria. Come Pasolini, Paolo è un apocalittico: la sua rivelazione («apocalisse» significa rivelazione) denuncia il male ubiquo, maledice il mondo violento e il potere perverso che lo governa, ne capovolge spiritualmente le gerarchie, annuncia l’avvento del regno estatico di Gesù, quindi proclama una verità patica, che si manifesta nelle vittime, negli ultimi; guarda la realtà con «una scheggia nell’occhio» (Lars von Trier), non per instaurarvi un nuovo potere (la sottomissione non violenta al potere costituito è la vera effrazione della sua indebita egemonia), ma per fare avvenire una nuova comunità universalmente aperta di ultimi, accessibile soltanto attraverso il martirio, cioè la testimonianza credente della memoria passionis che, universalmente disseminata, attende la venuta del Messia. Se esiste «sacro» in Pasolini, esso, allora, non è, malgrado le apparenze, regressivo e «naturale», ma progressivo e critico.

Si tratta, infatti, d’interpretare il sacro in Pasolini come esperienza e ispirazione di irrequietezza indomabile. In fin dei conti, il metro di interpretazione della realtà di Pasolini è un metro apocalittico, che al tempo stesso ha nostalgia di una pienezza sacrale perduta, ma che la assume come criterio di contestazione della realtà decaduta. È una prospettiva apocalittica di rottura con tutto ciò che è proprietà e privilegio naturale, ma anche con ciò che è forza culturale anonima, impersonale, che chiude gli spazi di riconoscimento dell’ultimo e dei discorsi di crisi che cercano di «farlo venire». Intendo con «apocalisse» il sacro in quanto forza di rivelazione, interruzione della «datità», crisi salvifica, giudizio che separa, annienta il vecchio per far irrompere il nuovo. L’apocalittico, poi, è colui che non si rassegna alla violenza del potere dominante, che ha sete di giustizia, che invoca e vede venire la liberazione dei poveri e degli ultimi, che taglia la storia a partire da antinomie irriducibili, eppure sempre reversibili (perché una polarità può rovesciarsi nell’altra): i carnefici e le vittime, appunto il vecchio e il nuovo, i potenti e i servi, gli integrati e gli esclusi.

In sintonia con la Scuola di Francoforte, Pasolini vede invece



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